di Heinrich Böll
regia e adattamento di Beatrice Meloncelli
con Gianluigi Pellegrino
Un importante testo letterario ridotto per il teatro, dove si intreccia l’amore, la politica, la società e la fede cattolica.
Böll è considerato uno dei massimi esponenti della letteratura tedesca del secondo dopoguerra, Premio Nobel per la letteratura nel 1972.
Nel libro di Böll nessun personaggio ha qualità veramente positive: neppure lo stesso protagonista Hans, il clown. Questo evita al lettore il rischio di identificazione con qualsivoglia carattere per guardare il quadro generale in cui la vicenda si svolge. La Germania post-nazista affrontò un lungo periodo di miseria economica e sociale, prima di avviare il processo ricostruttivo. L’analisi di Böll affronta il versante borghese di questa rinascita: il lungo lamento del clown è l’occasione per l’autore di descrivere le convenzioni di quella borghesia conservatrice dapprima favorevole o, comunque, non ostile al nazismo e, una volta tornata la Germania alla democrazia, pronta a riproporre nel nuovo quadro sociale i suoi riti e i suoi pregiudizi.
“Ho rinunciato da molto tempo a parlare con qualcuno di denaro o di arte.
Dove le due cose vengono in contatto, la faccenda non funziona mai:
l’arte è pagata o troppo o troppo poco.”
Heinrich Böll